Essere Marta nel Medioevo by Massimo Oldoni

Essere Marta nel Medioevo by Massimo Oldoni

autore:Massimo Oldoni
La lingua: ita
Format: epub
editore: Donzelli Editore


VII. Le due Signore

La Signora della Terra di Mezzo e le due città

Per chi si avvicina al paesaggio di Quattro Castella, la Rocca di Canossa è là, sulla sommità d’un colle più alto degli altri sui calanchi e sembra che la corona dei castelli di Bianello, Rossena, Montecchio, San Polo d’Enza le risponda ripetendosi l’uno con l’altro le storie di un Medioevo terribile, sanguinario e bugiardo, ma timoroso di Dio come Giuda, eppure traditore; di un Medioevo comunque meno peggiore di altre epoche.

Per chi si avvicina alla piana calma e un po’ inquieta di Mantova, dove dorme Bonifacio, padre della contessa Matilde, sembra inevitabile avvertire il profumo dell’erba umida nelle albe sul Mincio, l’aria ferma delle piazze ducali e dei giardini dove anche il sole sembra più silenzioso e meno festoso. E la gabbia di prigionia, in alto sulla torre che guarda piazza Sordello, evoca un Medioevo che la presenza monumentale di Virgilio, figlio illustre di Mantova, dissemina sulla campagna tutt’intorno in un sogno ininterrotto delle realtà bucoliche. Così non deve meravigliare che anche il monaco Donizone, benedettino nel cenobio di Canossa, ad apertura dell’opera in versi I principi di Canossa (De principibus Canusinis) scelga un habitat tutto agreste, pastorale e georgico, magari un po’ manierato, e forse ispirato dall’omaggio a Virgilio.

Quando nei primi anni del XII secolo Donizone (1070-1136) decide che la storia di Matilde e dei suoi vale la pena d’un possibile mito, restano poche cose cui attaccarsi, pochi personaggi nei quali aver fiducia per il domani; meglio la celebrazione di grandezze che lo scrittore sente ancora presenti. Molto meglio l’amplificazione delle ascendenze, di quei Signori di ieri, guerrieri impietosi, devoti potenti sensibili al danaro e ai compromessi, ma premurosi per ogni reliquia, urgenti a ogni celebrazione. Mai come nel mondo di Matilde e dei suoi vale l’immagine della croce e della spada, del sangue delle vittime e del sangue di Cristo, vittima anch’egli di ragioni ingiuste o giuste secondo il punto di vista. Non riesce Donizone ad alleviare coi suoi versi la violenza e la ferinità del mondo intorno a lui, e nessuno resterebbe incantato dai versi di Donizone con le loro esaltazioni e con le vocazioni epiche dei disegni di Dio espressi nelle sorti della casata di Adalberto Attone e dei suoi discendenti.

Donizone tende a raccontare le cose accadute sulle terre dei Signori di Canossa, ma cerca anche d’immaginare quello che potrebbe derivare, nel male o nel bene, dal comportamento e dal carattere degli individui. Seguendo il principio aristotelico, dunque, Donizone è uno storico a rischio di poesia; e non perché abbia preferito i versi per la sua testimonianza, ma perché egli tende a contaminare l’andamento dei fatti con una pedagogia e un’inclinazione alle previsioni del tutto prive di certezze. Quello d’aver scelto l’esametro, il metro eroico della tradizione classica, è un vezzo erudito arricchito dal gusto della versificazione medievale di creare cadenze che facilitino la memoria, la dizione e l’ascolto. Non sempre l’esametro di Donizone regge la norma, ma sempre il ritmo è rispettato. Grazie



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